Il percorso cinematografico dei Fab Four
E' da poco scoccato il fatidico 50°anniversario del primo singolo del leggendario quartetto di Liverpool, Love me do, pubblicato proprio nel 1962. I Beatles sono stati qualcosa più di una semplice band, sono stati un vero e proprio fenomeno mediatico di proporzione inaudite, nel bene e nel male, e hanno influito su qualsiasi linguaggio o media esistente. Il cinema non ha fatto certo eccezione, e tutt'oggi produzioni cinematografiche che si occupino più o meno direttamente dei Beatles sono relativamente frequenti, basti pensare solo a Across the Universe (2007), Nowhere Boy (2010) e al prossimo (e temuto) progetto di Robert Zemeckis, attualmente in pre-produzione, di girare un remake di Yellow Submarine.
Piuttosto che parlare del cinema sui Beatles, credo sia più interessante parlare un po' del cinema dei Beatles, un cinema che da qualche anno sta ricevendo il recupero da parte delle distribuzioni, e la rivalutazione da parte della critica. Ultimo in questo senso è Magical Mystery Tour, praticamente inedito in Italia fino al 26 settembre di quest'anno, giorno in cui è stato portato al cinema in versione restaurata. Una filmografia breve e relativamente varia, che spazia dalla commedia surreale al biopic autocelebratico/autoironico, con picchi qualitativi vertiginosi (sia verso il basso che verso l'alto).
A Hard Day's Night (1964)
Doveva essere poco più di un prodotto commerciale, uno spazio in cui far conoscere al pubblico le canzoni del nuovo album A Hard Day's Night (composto appositamente per la colonna sonora del film stesso), ma il risultato finale fu qualcosa di sostanzialmente diverso. Un film libero e indipendente, che venne
sorprendentemente apprezzato anche dai critici, in cui i Beatles appaiono come una versione alterata/surreale della loro giornata tipica. Dall'inverosimile, e famosissima, fuga iniziale verso la stazione, alle gag demenziali e non sense che i quattro spargono per il film,
A Hard Day's Night è film simbolo di un'epoca. Politicamente piuttosto irriverente in più occasioni, basti pensare alle scena dello scompartimento del treno con il reduce, alla reazione di George Harrison a una proposta pubblicitaria e alle dichiarazioni rilasciate alla stampa sul loro tour, per questa ragione per alcuni critici è un esempio della corrente cinematografica indipendente inglese del
Free Cinema. La regia del giovane
Richard Lester (che avrà una più che dignitosa carriera), dirige con sicurezza e senza eccessi i quattro di Liverpool, che dimostrano di muoversi con naturalezza sullo schermo, grazie anche a grandi caratteristi di supporto (su tutti
Wilfrid Brambell, che interpreta
l'indimenticabile falso nonno di Paul). Il film, già efficace così, diventa vero e proprio cult movie grazie alle musiche dei Beatles, forse nel loro periodo di forma migliore della prima metà della loro carriera, con pezzi nella memoria collettiva di tutti.
In definitiva un intelligentissimo esempio di finto-biopic, e probabilmente tra i film musicali più riusciti di sempre. Distribuito in Italia all'epoca con il semplicemente inspiegabile titolo “Tutti per uno”, è uscito da noi in DVD, da segnala l'edizione doppio disco, ricca di notevoli contenuti speciali.
Help! (1965)
Altro album, altro film. Ancora una volta alla regia troviamo Lester, e ancora una volta i Beatles sono loro stessi, anche se il contesto è decisamente più irreale del precedente film. Il film è pensato come
parodia alla saga di James Bond, cui storpia i due principali temi musicali, altro fenomeno british degli anni sessanta. La scelta di parodiare proprio Bond potrebbe non essere casuale, visto che l'anno prima di Help! il personaggio interpretato da Sean Connery recita una battuta indirizzata proprio al gruppo musicale:
“Bere champagne a temperatura ambiente è come ascoltare i Beatles senza tappi per le orecchie” (
Agente 007 Missione Goldfinger, 1964). Tralasciando il curioso discorso legato alla vendetta da parte dei Beatles su James Bond, il film di Lester
risulta riuscito solo a metà. Dopo una prima parte di film molto divertente e efficace, l'esilità della storia prende il sopravvento. Il ritmo crolla e le trovate si riducono drasticamente, come se non bastasse gli inserti musicali risultano decisamente più forzati e artificiosi rispetto al primo film. La sufficienza viene centrata ugualmente, grazie al notevole numero di gag efficaci (specialmente nella prima parte del film), ma un ritmo scostante, le parti musicali inserite malamente e la durata eccessiva per un film dalla sceneggiatura così esile (90 minuti), minano la qualità del prodotto finale. Lester in seguito dirigerà il solo Lennon nel film Come ho vinto la guerra (How i won the war, 1967) e nel 1991 girerà un film documentario su un concerto di Paul McCartney dal titolo Get Back. Come per Hard Day's Night, anche Help! è stato distribuito in Italia in due edizioni DVD, la doppio disco presenta un documentario sul film della durata di mezz'ora.
Magical Mystery Tour (1967)
Come ad ogni cosa, anche alla rivalutazione critica c'è un limite. Magical Mystery Tour è uno dei migliori esempi di suicidio autoriale, un film senza né capo né coda, prodotto dai Beatles in preda a
un vero e proprio delirio di onnipotenza. Con la convinzione di non aver bisogno di aiuto tecnico, visto le due esperienze cinematografiche già maturate, McCartney guida il gruppo in quello che è a tutti gli effetti l'unico film interamente realizzato in prima persona dei Beatles, con risultati semplicemente nefasti. Per la prima volta i Beatles impersonano personaggi diversi da loro stessi, in un collage di scenette che passano senza soluzione di continuità dal non-sense allo slapstick. Il viaggio misterioso del pullman ha comunque dei momenti degni di nota (su tutte sicuramente la graffiante e vomitevole sequenza del ristorante), ma si riduce troppo presto a un ammasso di scene prive di senso logico alcuno. Basti pensare che nonostante l'esigua durata del film (meno di sessanta minuti) la noia e la sconclusionatezza possono indurre facilmente sonnolenza anche nel più accanito fan del quartetto di Liverpool.
Le canzoni, e i surreali video che le accompagnano, valgono di gran lunga più della pellicola. Nonostante sia impossibile rivalutarlo come film,
la pellicola ha comunque un valore e un interesse (almeno per i fan) e rappresenta un prodotto certamente curioso, un pò kitsch e forse anche un pò trash. Rappresenta
il momento più basso in assoluto della carriera di Beatles, e l'unico momento in cui scesero dal piedistallo dell'infallibilità per scusarsi. Visti i risultati musicali successivi, il bagno d'umiltà è sicuramente servito. Come detto in apertura, il film è stato restaurato e riproposto in poche sale per una sera lo scorso 26 settembre. E' ora è disponibile dall'8 ottobre in DVD e Blu-Ray con un svariati extra, tra cui un documentario e scene inedite.
Yellow Submarine (1968)
Il film che i Beatles seguirono meno, è con grande probabilità il prodotto più riuscito legato a loro. Un po' per lo sfaldamento del gruppo in corso, un po' per gli impegni del celebre doppio CD The Beatles (meglio noto con il soprannome di
White Album) i Fab Four seguirono con relativo distacco il progetto del film d'animazione, lasciando carta bianca al team di disegnatori guidati da George Dunning. Le canzoni composte per il film sono in realtà quasi tutte derivazioni di vecchi progetti accantonati durante le registrazioni degli album, e nessuna di queste risultò particolarmente brillante. Eppure nonostante tutto, Yellow Submarine è un film davvero unico.
Psichedelico e visionario, riprende il meglio delle canzoni esistenti dei Beatles e ne costruisce attorno un universo quasi autarchico, con momenti picchi elevatissimi, come i video che accompagnano
Eleonor Rigby e
Lucy in the Sky with Diamonds o le molte citazioni ai sottotesti delle canzoni nel film (ad esempio il rimando ai “buchi” e all'Halbert Hall di
A Day in the Life). Le personalità dei quattro sono caricate in modo esilarante, Paul il narcisista, John un pò intellettualoide, George il saggio e Ringo il sensibile. Escludendo qualche fisiologico momento dalla qualità più bassa, il film resta sempre godibile e visivamente ispirato, sentendo relativamente poco il peso degli anni. Recentemente restaurato e ridistribuito in DVD e Blu-Ray, dopo essere stato per anni praticamente introvabile.
Let It Be (1969)
Giusto contraltare e simbolica chiusura della loro cinematografia,
Let It Be è l'altra faccia di A Hard Day's Night: un vero giorno con i Beatles. Non ci sono inseguimenti dei fan impazziti, fughe rocambolesce da tutto e tutti o gag slapstick, ma solo la quotidianità del lavoro in studio durante le sessioni di registrazione di un album. Il film infatti è in realtà
un documentario, girato il 30 gennaio del 1969 negli studi di Abbey Road, composto da scene e sessioni di prova per la registrazione dell'album Let It Be fino al culmine, nella mezzora finale, con il famosissimo e leggendario concerto sul tetto. Poi abbandonato per dar spazio all'ultimo grande progetto, il monumentale Abbey Road. Let It Be, sia come film che come album, uscirà solo “postumo”, a gruppo ormai ufficialmente sciolto.
Da un punto di vista cinematografico l'interesse è virtualmente nullo, ma per gli appassionati di musica (e non necessariamente dei Beatles) si tratta di un film ricco di spunti e curiosità, e l'atmosfera malinconica della fine di un'era si respira moltissimo. Siamo ormai alla fine dei mitici anni 60 e siamo anche alla fine dell'epopea beatlesiana, un alone di inconsolabile nostalgia impregna ogni singolo fotogramma del documentario. Una distribuzione scellerata ha reso il film ad oggi praticamente introvabile, se non in qualche VHS di importazione, ma
l'anno prossimo dovrebbe essere finalmente l'anno del rilascio in DVD e Blu-Ray. Un evento atteso da tantissimo tempo.
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