Stranger Things forse non è poi sto granchè


"Fenomeno dell'estate" per qualcuno, o addirittura "Film dell'estate pur non essendo un film" per qualcun altro, Stranger Things ha accentrato su di sé tutta l'attenzione del mondo di Cinema e Tv negli ultimi mesi. Un ragazzino scompare, al suo posto appare una strana ragazzina con i capelli cortissimi, assieme a una strana creatura da un'altra dimensione.

Forse non un plot originalissimo (che a qualcuno ha anche ricordato un episodio di Ai confini della realtà), ma di sicuro un inizio sufficiente per incuriosire. Se poi ci aggiungiamo il sentimento di nostalgia per il cinema fantastico e di avventura adolescenziale degli anni 80, allora il gioco è fatto. O almeno così sembrerebbe, perchè Stranger Things, oltre alla nostalgia ha davvero pochi altri elementi caratterizzanti degni di nota. Che i fratelli Duffer amino molto i film anni 70-80' è una cosa legittima, il sottoscritto non è da meno, ma comporre un'intera serie di spezzoni tratti da altre cose, alla lunga può risultare un po' fastidioso. Il gioco di trovare le citazioni può essere divertente, ma quando non c'è altro di davvero tuo da mostrare, stufa molto presto.

E.T. (1982) e Stranger things
Stranger things e Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977)

Analizzata con freddezza e cinismo, la serie sembra quasi un prodotto su misura, tarato sui gusti e le tendenze degli utenti del produttore, la web tv Netflix. Si assiste ad una sorta di puzzle, a volte visivo e a volte narrativo, derivativo da film che tutti gli spettatori che guarderanno la serie conoscono già. Questo è già il primo paradosso: perchè dovrei vedere ed amare una serie composta interamente di cose che ho già visto (e peraltro fatte decisamente meglio)? Se voglio rivedere le passeggiate sulle rotaie di Stand by me, rivedo Stand by me, lo stesso vale per i ragazzi dei Goonies, le scorrazzate in bicicletta e la creatura disorientata in casa di E.T., le atmosfere claustrofobiche (e volendo la casa) di Incontri ravvicinati del terzo tipo o quelle paranormali di Twin Peaks, per le dimensioni parallele Poltergeist, per le tute o le uova Alien, il muro con le mani di Nightmare, la ragazzina telecinetica de Fenomeni paranormali incontrollabili (tratto da un romanzo di King), o i poteri psicocinetici di Akira (soprattutto il manga, per il personaggio di Eleven), e chi più ne ha più ne metta. Ma oltre alle situazioni narrative, anche molte scelte visive sono palesemente derivative, come l'atmosfera dell'immersione, identica al recentissimo Under the skin.

A sinistra Scarlett Johansson in Under the skin (2013), a destra Stranger Things


 Fenomeni paranormali incontrollabili (1984) e Stranger things
Ma non sono i mille riferimenti, più o meno velati e più o meno voluti, a rendere Stranger things noioso. I problemi della serie sono nella totale mancanza di qualsiasi elemento innovativo, di qualsiasi genere, nei dialoghi spesso prevedibili e in una realizzazione tecnica talvolta approssimativa, dove emergono i limiti del budget imposto da Netflix (che non credeva poi molto nell'operazione, e la computer graphic mediocre lo dimostra). Anche Wynona Rider, che dopo molto tempo torna con un ruolo di rilievo, appare spesso troppo sopra le righe, mentre Matthew Modine sembra più a suo agio. Credibile David Harbour, sceriffo Jim Hopper che ricorda quello del film preferito degli sceneggiatori, come dichiarato da loro stessi, e citato nemmeno troppo velatamente nella stanza di Will. La colonna sonora strizza l'occhio a John Carpenter, e questo non è di per sé un male, e del resto La cosa appare moltissime volte, anche come locandina, assieme a La casa e, appunto, Lo squalo.

Hopper e Brody, Stranger things e Lo squalo (1975)
Il grande limite di Stranger Things è proprio la sua natura, l'essere né più né meno che un grosso more of the same, un calderone di cose già viste, senza nessun guizzo, spunto o coraggio alcuno. Una lunga telefonata interurbana, piena di frasi di circostanza tra persone che non si sentono da molti anni, e che non hanno poi molto da dirsi. Un prodotto dove la cosa più interessante è e resta il gioco alla ricerca della citazione dei vecchi film, gioco che se dura 8 ore stanca molto presto.



È difficile dire che se ne sentisse il bisogno o che abbia aggiunto qualcosa di concreto. Per dire, Super 8 non era eclatante, un'operazione simile (da cui Stranger things ha comunque attinto), ma ha comunque qualche senso in più di esistere.



Non dico che Stranger things sia brutto, sarebbe ingeneroso, ma che prima di gridare al miracolo o addirittura al capolavoro bisognerebbe almeno esserci qualcosa da vedere, almeno un briciolo di apporto personale, e non un macinato di mille altre cose, peraltro famosissime. Alla fine, queste operazioni non vanno molto al di là dell'ennesimo remake o reboot, puntando tutto sul già visto e la nostalgia, palesando l'incapacità degli sceneggiatori odierni di creare qualcosa di nuovo dall'oggi, trovando più facile e comodo saccheggiare un glorioso passato vicino, di probabile successo.





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